sabato 9 aprile 2016

"Ciò che vide il maggiordomo" tra l’ironia di Wilde e il vaudeville di Feydeau

Dopo il debutto di ieri della Compagnia Teatro San Babila in Ciò che vide il maggiordomo di Joe Orton, con la regia di Marco Vaccari, in scena  fino al 17 aprile,  Enzo Giraldo, attore teatrale, televisivo e cinematografico, presentatore, si racconta.



Giraldo intrepreta il Dottor Prentice che nel suo studio psichiatrico vede sfilare una serie di divertenti personaggi: un’apprendista segretaria (Gloria Anselmi), la moglie nevrotica (Sonia Grandis), un ispettore sanitario (Francesco Parise), un maldestro fattorino d’albergo (Daniele Crasti), un poliziotto che indaga sulle stranezze della clinica (Gianni Lamanna).
Diplomatosi all’Accademia dei Filodrammatici e storico collaboratore del Teatro San Babila, Enzo Giraldo aveva già interpretato lo stesso ruolo nel primo allestimento della pièce diretto da Vaccari diciotto. Spiega quindi la comicità del drammaturgo inglese Orton, un autore “arrabbiato” che compisce il pubblico con le sue commedie “nere”: «Orton propone un teatro divertente, ma aggressivo, diverso dalla drammaturgia classica italiana, infatti è stato poco rappresentato dalle grandi compagnie in Italia. La sua comicità è a metà tra l’ironia di Oscar Wilde e il vaudeville di Feydeau, ma contiene la rabbia degli anni ‘60 mossa dalla coscienza molto forte dei giovani che animeranno la contestazione del ‘68. Orton mantiene l’effetto paradossale della situazione che propone con scambi di identità, equivoci, finalizzati a illustrare la non normalità; infatti viene messa in discussione la mentalità borghese della quale vengono rovesciati i punti di vista tradizionali.»

Giraldo sottolinea anche l’utilità di mettersi in discussione nella società contemporanea di oggi, seguendo il suggerimento della scrittura di Orton: «Oggi siamo abituati a un pensiero comune, evidenziato dai social in cui si deve apparire a tutti i costi con un pensiero omologato, evidenziato da chi urla più forte; invece Orton offre la possibilità di un pensiero diverso, più autonomo: nel nostro spettacolo attraverso una agnizione finale dei personaggi, che ricompongono il nucleo della famiglia tradizionale ma  dopo averne contestato e distrutto i luoghi comuni, si ricompone l’equilibrio. Cambiare punto di vista diviene così un’operazione aperta, illuminante che aiuta e alla fine tranquillizza lo spettatore, mostra che alla fine la famiglia, dopo essersi messa in discussione, ritorna, con più efficacia, ad essere parte fondamentale della nostra società.»
 Giraldo, cha ha lavorato con molti registi e attori -  tra i quali Dario Fo & Franca Rame, Andrèe Ruth Shammah, Franco Parenti, Peppino Patroni-Griffi, Mariano Rigillo, Vittorio Caprioli, Ilaria Occhini e Valeria Moriconi - racconta come è nata la sua passione per lo spettacolo: «dopo gli studi superiori, ho lavorato in radio in Veneto dove abitavo, poi ho iniziato un percorso di attore, seguendo alcuni laboratori teatrali con Marco Paolini, attore già allora di grande energia e di forte volontà che sondava nuovi modi di fare teatro prima con il corpo poi attraverso il teatro di narrazione; poi ho lavorato con alcune compagnie amatoriali e mi sono diplomato all’Accademia dei Filodrammatici e dall’84 faccio questo mestiere nelle varie forme: teatro, televisione, cinema. Lavoro con la voce, faccio formazione con le aziende sono un presentatore, utilizzo anche molto il microfono, sperimentando così modalità interpretative differenti. Formarsi in una scuola di teatro come l’Accademia dei Filodrammatici, che esiste da più di duecento anni, è stato fondamentale, mi ha dato molto, sia come uomo sia come professionista. Per fare questo mestiere la curiosità e l’umiltà sono fondamentali, ti devi mettere in ascolto con un atteggiamento non arrogante, aperto ai cambiamenti e alle meravigliose suggestioni di questo affascinante mestiere.» Ar.C.

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