Dopo il debutto di ieri della Compagnia Teatro San Babila in Ciò che vide il maggiordomo di Joe Orton, con la regia di Marco Vaccari, in scena fino al 17 aprile, Enzo Giraldo, attore teatrale, televisivo e
cinematografico, presentatore, si racconta.

Giraldo intrepreta il Dottor Prentice che nel suo studio psichiatrico vede sfilare una serie di divertenti personaggi: un’apprendista segretaria (Gloria Anselmi), la moglie nevrotica (Sonia Grandis), un ispettore sanitario (Francesco Parise), un maldestro fattorino d’albergo (Daniele Crasti), un poliziotto che indaga sulle stranezze della clinica (Gianni Lamanna).
Diplomatosi all’Accademia dei Filodrammatici e storico
collaboratore del Teatro San Babila, Enzo Giraldo aveva già interpretato lo stesso ruolo nel
primo allestimento della pièce diretto
da Vaccari diciotto. Spiega quindi la comicità del drammaturgo inglese Orton, un
autore “arrabbiato” che compisce il pubblico con le sue commedie “nere”: «Orton
propone un teatro divertente, ma aggressivo, diverso dalla drammaturgia
classica italiana, infatti è stato poco rappresentato dalle grandi compagnie in
Italia. La sua comicità è a metà tra l’ironia di Oscar Wilde e il vaudeville di Feydeau, ma contiene la
rabbia degli anni ‘60 mossa dalla coscienza molto forte dei giovani che animeranno
la contestazione del ‘68. Orton mantiene l’effetto paradossale della situazione
che propone con scambi di identità, equivoci, finalizzati a illustrare la non
normalità; infatti viene messa in discussione la mentalità borghese della quale
vengono rovesciati i punti di vista tradizionali.»

Giraldo sottolinea anche l’utilità di mettersi in discussione nella società contemporanea di oggi, seguendo il suggerimento della scrittura di Orton: «Oggi siamo abituati a un pensiero comune, evidenziato dai social in cui si deve apparire a tutti i costi con un pensiero omologato, evidenziato da chi urla più forte; invece Orton offre la possibilità di un pensiero diverso, più autonomo: nel nostro spettacolo attraverso una agnizione finale dei personaggi, che ricompongono il nucleo della famiglia tradizionale ma dopo averne contestato e distrutto i luoghi comuni, si ricompone l’equilibrio. Cambiare punto di vista diviene così un’operazione aperta, illuminante che aiuta e alla fine tranquillizza lo spettatore, mostra che alla fine la famiglia, dopo essersi messa in discussione, ritorna, con più efficacia, ad essere parte fondamentale della nostra società.»

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