domenica 24 aprile 2016
venerdì 22 aprile 2016
Da stasera al San Babila: Francesco Branchetti dirige Medea con Barbara De Rossi
Dirigere Medea oggi:
il regista e attore Francesco Branchetti
spiega l’attualità dei classici
Francesco Branchetti, attore e regista, porta in scena, al Teatro San Babila di Milano, dal 22 aprile al 1 maggio, la drammatica storia di Medea nella versione di Jean Anouilh, uno dei più grandi autori del teatro francese del Novecento, nella traduzione di Giulio Cesare Castello.
Branchetti racconta: «da tempo avevo il sogno e il progetto di portare in scena Medea, poiché secondo me è un’occasione per proporre al pubblico contemporaneo l’indagine psicologica di Anouilh dei personaggi che dal mito classico di Euripide arrivano fino a noi. Quando abbiamo debuttato nella splendida cornice del Teatro Romano di Ostia antica abbiamo percepito l’emozione che il dramma di Medea - tradita da Giasone e matricida dei propri figli per punirlo – suscita negli spettatori. Il mito di Medea è intramontabile, oltre ad Euripide ed Anouilh, ne hanno parlato scrittori e poeti di ogni epoca, così sognavo di portarlo in scena da tempo. Quando Barbara De Rossi ha aderito al mio progetto, ho potuto realizzare il mio desiderio, dato che la Medea di Anouilh aveva avuto un unico allestimento di rilievo nel 1966 con la regia di Giancarlo Menotti e con protagonista Anna Magnani. Barbara De Rossi, che è tornata in teatro proprio per questo spettacolo, è l’interprete giusta sia dal punto di vista tecnico sia per il pathos che suscita, infatti è una attrice di grande generosità che lavora con irripetibile dedizione e impegno.»
La vicenda di Medea, che uccide i suoi figli per vendicarsi di Giasone (interpretato dallo stesso Branchetti), che sta per sposare la giovane Glauce, è ancora oggi tragicamente attuale nelle tante storie di matricidi: «il pubblico infatti rimane molto colpito – prosegue il regista - da quanto un testo di origine classica proponga una vicenda dei nostri giorni, così che il teatro diviene specchio dei tempi. Le musiche, pensate appositamente per lo spettacolo dal maestro Pino Cangialosi contribuiscono a mantenere la tensione e ad evocare i sentimenti estremi di Medea.» Ar. C.
lunedì 18 aprile 2016
Dal 22 aprile al 1 maggio, Barbara De Rossi è Medea al San Babila
Al Teatro San Babila di Milano dal 22 aprile al 1 maggio, l’attrice cinematografica e televisiva Barbara De Rossi che torna in teatro, da cui mancava dal 1996 quando aveva recitato con Marco Columbro in L’anatra all’arancia, una commedia brillante.
Spiega la sua decisione di ritornare in teatro con una tragedia di matrice classica: «Medea nella versione di Jean Anouilh, è una donna molto moderna con un linguaggio efficace; ha una potenza tragica e drammatica fortissima con una grande possibilità espressiva, motivi per i quali ho scelto questo personaggio. Jean Anouilh è un autore del Novecento che ha riscritto il mito classico con un linguaggio moderno: io considero Medea una donna che ha vissuto un amore sbagliato, totale, assoluto, oltre ogni immaginazione. Medea uccide per Giasone, ma poi viene ripudiata poiché per interessi di stato Giasone deve sposare un’altra. Nella mia interpretazione metto in luce il senso di rifiuto che prova e quindi la sua sofferenza e la sua solitudine, finché non arriva a progettare il terribile piano di uccidere i suoi figli per punire l’amato. Nella regia di Branchetti esplode in modo forte la volontà di vendetta e appaiono evidenti le arti magiche che la donna tradita vuole utilizzare per vendicarsi. Medea è un personaggio feroce, forte che affronta il male con disperazione e rabbia.»
Barbara De Rossi ha interpretato numerosi sceneggiati televisivi tra cui Storia d'amore e d'amicizia di Franco Rossi, e la Piovra diretta da Damiano Damiani con Michele Placido e ha recitato in moltissimi film, tra cui Così come sei e La cicala con la regia di Alberto Lattuada, si è esibita anche nei reality come Notti sul ghiaccio e Ballando con le stelle. Dice: «la televisione è sempre una forma di intrattenimento gradito al pubblico, anche se ci sono fiction belle e altre meno belle, ho provato anche quei reality in cui ho potuto mettermi alla prova o imparare qualcosa, come Ballando con le stelle poiché saper muovere bene il corpo è importante per un’attrice, ma anche Notti sul ghiaccio è stata una sfida che mi ha lasciato qualcosa. Ultimamente ho partecipato a sei corti che raccontano l’abbandono, la serie si intitola Dirsi addio e sarà tra poco nelle sale; inoltre mi rivedrete in Il bello delle donne e in Amore criminale, ma per il momento, l’adrenalina che mi trasmette il pubblico teatrale mi dà molte emozioni. Infatti in tv e al cinema alle donne di cinquanta e cinquantacinque anni vengono offerti solo ruoli stereotipati, viene dato poco spazio alle donne che hanno già maturato un’esperienza, questo è avvilente, invece nel teatro ci vengono affidati ruoli molteplici.» Ar. C.
sabato 9 aprile 2016
"Ciò che vide il maggiordomo" tra l’ironia di Wilde e il vaudeville di Feydeau
Dopo il debutto di ieri della Compagnia Teatro San Babila in Ciò che vide il maggiordomo di Joe Orton, con la regia di Marco Vaccari, in scena fino al 17 aprile, Enzo Giraldo, attore teatrale, televisivo e cinematografico, presentatore, si racconta.
Giraldo intrepreta il Dottor Prentice che nel suo studio psichiatrico vede sfilare una serie di divertenti personaggi: un’apprendista segretaria (Gloria Anselmi), la moglie nevrotica (Sonia Grandis), un ispettore sanitario (Francesco Parise), un maldestro fattorino d’albergo (Daniele Crasti), un poliziotto che indaga sulle stranezze della clinica (Gianni Lamanna).
Diplomatosi all’Accademia dei Filodrammatici e storico
collaboratore del Teatro San Babila, Enzo Giraldo aveva già interpretato lo stesso ruolo nel
primo allestimento della pièce diretto
da Vaccari diciotto. Spiega quindi la comicità del drammaturgo inglese Orton, un
autore “arrabbiato” che compisce il pubblico con le sue commedie “nere”: «Orton
propone un teatro divertente, ma aggressivo, diverso dalla drammaturgia
classica italiana, infatti è stato poco rappresentato dalle grandi compagnie in
Italia. La sua comicità è a metà tra l’ironia di Oscar Wilde e il vaudeville di Feydeau, ma contiene la
rabbia degli anni ‘60 mossa dalla coscienza molto forte dei giovani che animeranno
la contestazione del ‘68. Orton mantiene l’effetto paradossale della situazione
che propone con scambi di identità, equivoci, finalizzati a illustrare la non
normalità; infatti viene messa in discussione la mentalità borghese della quale
vengono rovesciati i punti di vista tradizionali.»
Giraldo sottolinea anche l’utilità di mettersi in discussione nella società contemporanea di oggi, seguendo il suggerimento della scrittura di Orton: «Oggi siamo abituati a un pensiero comune, evidenziato dai social in cui si deve apparire a tutti i costi con un pensiero omologato, evidenziato da chi urla più forte; invece Orton offre la possibilità di un pensiero diverso, più autonomo: nel nostro spettacolo attraverso una agnizione finale dei personaggi, che ricompongono il nucleo della famiglia tradizionale ma dopo averne contestato e distrutto i luoghi comuni, si ricompone l’equilibrio. Cambiare punto di vista diviene così un’operazione aperta, illuminante che aiuta e alla fine tranquillizza lo spettatore, mostra che alla fine la famiglia, dopo essersi messa in discussione, ritorna, con più efficacia, ad essere parte fondamentale della nostra società.»
Giraldo, cha ha lavorato con molti registi e
attori - tra i quali Dario Fo &
Franca Rame, Andrèe Ruth Shammah, Franco Parenti, Peppino Patroni-Griffi,
Mariano Rigillo, Vittorio Caprioli, Ilaria Occhini e Valeria Moriconi - racconta
come è nata la sua passione per lo spettacolo: «dopo gli studi superiori, ho lavorato
in radio in Veneto dove abitavo, poi ho iniziato un percorso di attore,
seguendo alcuni laboratori teatrali con Marco Paolini, attore già allora di grande
energia e di forte volontà che sondava nuovi modi di fare teatro prima con il
corpo poi attraverso il teatro di narrazione; poi ho lavorato con alcune compagnie
amatoriali e mi sono diplomato all’Accademia dei Filodrammatici e dall’84
faccio questo mestiere nelle varie forme: teatro, televisione, cinema. Lavoro
con la voce, faccio formazione con le aziende sono un presentatore, utilizzo
anche molto il microfono, sperimentando così modalità interpretative
differenti. Formarsi in una scuola di teatro come l’Accademia dei
Filodrammatici, che esiste da più di duecento anni, è stato fondamentale, mi ha
dato molto, sia come uomo sia come professionista. Per fare questo mestiere la
curiosità e l’umiltà sono fondamentali, ti devi mettere in ascolto con un
atteggiamento non arrogante, aperto ai cambiamenti e alle meravigliose suggestioni
di questo affascinante mestiere.» Ar.C.
sabato 2 aprile 2016
Andrea Schiavi, aiuto regista di Marco Vaccari presenta lo spettacolo
A pochi giorni dal debutto dell'8 aprile, Andrea Schiavi, storico collaboratore del Teatro San Babila e aiuto regista di Marco Vaccari per Ciò che vide il maggiordomo presenta lo spettacolo:
Cliccate su la comicità secondo Orton
Ascoltate il racconto della sua esperienza al San Babila: io e il San Babila
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