lunedì 31 ottobre 2016

Il thriller teatrale di Benvenuti

Alessandro Benvenuti ritorna dall’8 al 13 novembre 2016 al Teatro San Babila di Milano, con il suo testo Chi è di scena, in cui recita, insieme a Paolo Cioni e a Maria Vittoria Argenti.


 
Da anni Benvenuti si dedica a un nuovo genere teatrale, il thriller in teatro, creando spettacoli in cui, attraverso colpi di scena, tiene gli spettatori con il fiato sospeso fino all’ultimo: dopo Due gocce d’acqua e Un comico fatto di sangue, in Chi è di scena, si assiste al mistero di un attore che da cinque anni è sparito nel nulla, finché un suo fan lo rintraccia e, tramite un’intervista, che rivelerà molte sorprese per gli spettatori, gli fa raccontare quello che è accaduto e il motivo per cui egli si è allontanato volontariamente dalle scene, mentre una giovane e misteriosa donna assiste in silenzio alla conversazione.

Alessandro Benvenuti spiega come è nato il suo interesse per il giallo, collegandolo al teatro: «Il thriller e il giallo sono la mia seconda passione, dopo il teatro: così, quando  posso, unisco i due generi, ma è difficile e affascinante farli funzionare drammaturgicamente, cioè evitare che siano in contrapposizione e che uno sovrasti l’altro, così è una scommessa che, tuttavia, mi stimola e mi porta a provare nuove strade. Chi è di scena è scaturito dall’incontro con Paolo Cioni, che ho conosciuto sul set della serie televisiva Sky I delitti del BarLume; dal desiderio di lavorare insieme è nato il mio nuovo testo, pensato per Cioni, giovane attore molto talentuoso che mi ha subito colpito; nello spettacolo Paolo intervista un uomo di teatro fuggito dalle scene e che, per la prima volta, accetta di parlare di sé, dopo un lungo silenzio. Oggi assistiamo a tanti episodi di cronaca nera, che spesso ci sconvolgono, ma nel mio testo, anche se non voglio rivelare nulla sul finale, per non togliere la sorpresa agli spettatori, posso dire che Chi è di scene è un inno all’amore e un inno al teatro che spesso, tra le arti dello spettacolo, viene considerato un genere minore, il mio così diventa anche un grido di dolore.»

Alessandro Benevenuti, che si è dedicato anche per molto tempo al cabaret, fin dai tempi dei Giancattivi, esprime un parere positivo sui giovani comici di oggi che si esibiscono dal vivo e in televisione: «ogni epoca ha i suoi attori che rispondono ai bisogni del tempo in cui viviamo, oggi si esibiscono comici interessanti e bravissimi che utilizzano il linguaggio dei social e della televisione, usando così il nuovo linguaggio. Bisogna però parlare con il cuore al cinema, in tv, in teatro e in tutti i generi di spettacolo: ritengo, infatti, che l'attore  debba raccontare una storia, come richiede il senso del nostro lavoro, come è la funzione del teatro, motivo per cui anche oggi hanno successo le storie di Shakespeare che contengono archetipi sempre validi. Anche attraverso la comicità possiamo trasmettere messaggi, si pensi per esempio ai film di Buster Keaton, ricchi di riflessioni e di contenuti, così anche oggi chi fa il nostro mestiere deve dimostrare come usare il proprio talento. Io, come regista di teatro, in questi anni ho incontrato moltissimi giovani in gamba, come Cioni e come Maria Vittoria Argenti, che ho scelto attraverso diversi provini. Mi  sono accorto che fra i giovani, al giorno d’oggi, esiste un'ottima qualità: la maggior parte dei ragazzi hanno voglia di impegnarsi e ne sono contento, dato che ho tre figlie giovani e dieci nipoti.»

Un attore come Benvenuti, che viaggia spesso per lavoro, conosce bene le varie tipologie di pubblico italiano e in particolare quello milanese di cui dice: «sono sempre stato critico verso Milano,  mentre ora mi sento a casa mia; Milano ha fatto un salto di qualità,  si è verificata una rinascita, come dicono anche le statistiche e  giornalisti, sarà stato l'effetto internazionale dell'Expo. E' sempre un piacere esibirsi a Milano con un pubblico esigente e preparato come anche quello del Teatro San Babila, dove sono stato anche anni fa e in cui sono molto contento di tornare.» Ar.C.


martedì 25 ottobre 2016

Davide Anzalone racconta il suo Arlecchino

Davide Anzalone in scena al Teatro San Babila, insieme alla giovane compagnia Cantina Rablè, racconta il suo Arlecchino servitore di due padroni con la regia di Carlo Boso

Guardate le videointerviste:

Il mio Arlecchino sul palco del San Babila

Il teatro mi ha salvato!

Le video interviste al regista di Arlecchino Carlo Boso

una foto delle prove con il maestro Boso
che dà indicazioni alla compagnia

Il regista Carlo Boso, maestro della scena e studioso della Commedia dell'arte,  ci racconta, alla fine della prove di Arlecchino servitore di due padroni in scena al Teatro San Babila  con la Cantina Rablè, fino al 30 ottobre il suo allestimento pensato anche per i giovani spettatori.

Guardate le video interviste:

L'attualità della Commedia dell'Arte

Arlecchino da Goldoni al dopoguerra

Arlecchino riscritto per i giovani




venerdì 21 ottobre 2016

Un Arlecchino reduce dalla campagna di Russia apre la stagione del Teatro San Babila


 

 

Apre la stagione del Teatro San Babila Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni, con la regia e drammaturgia di Carlo Boso,  uno degli attori della celebre edizione di Giorgio Strehler.


Nella produzione della Compagnia Cantina Rablé, dal 25 al 30 ottobre, sono in scena David Anzalone (Arlecchino), Francesca Berardi (Jessica), Marco Chiarabini (Brasco), Erika Giacalone (Beatrice Vizzini), Teo Guarini (Onorevole Roma), Andrea Milano (Silvio Roma), Michele Pagliaroni (Lucky Lucania), Arianna Primavera (Clarice Bagnasco) e Guido Targetti (Bagnasco).

La compagnia Cantina Rablé, nata a Senigallia nel 2013 e attiva nella diffusione del teatro popolare italiano, si misura dal 25 ottobre 2016 al San Babila di Milano con una nuova edizione del celebre Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni, con la regia e la drammaturgia di Carlo Boso, esperto della Commedia dell’Arte, che aveva anche recitato nella compagnia dell’Arlecchino di Giorgio Strehler e ora dirige l’Académie Internationale des Arts du Spectacle di Versailles.

Il protagonista è David Anzalone, un Arlecchino, che, reduce dalla campagna di Russia, si ingegna come è nelle caratteristiche della tradizione teatrale, ma vive nell’Italia del dopoguerra, tra mafiosi, politici e imprenditori corrotti.
David Anzalone con ironia e determinazione recita affrontando la sua disabilità e afferma: «ho scelto Arlecchino anche per lavorare sulla tematica di teatro e handicap, per parlare di diversità, utilizzando un classico come Arlecchino; da tempo lavoriamo a questo spettacolo con l’obbiettivo di valorizzare in Italia il teatro popolare, ma abbiamo voluto vedere come si poteva trattare questo testo, ambientandolo in epoca più contemporanea. L’idea del soggetto, che è mia e di Michele Pagliaroni, è nata dall’esigenza di parlare dell’Italia, il nostro paese che amiamo e odiamo nello stesso tempo. Abbiamo così voluto indagare sull’epoca in cui è nata la Repubblica, valorizzando i semi della società in cui anche noi viviamo.  Infatti ambientare Arlecchino nel periodo della ricostruzione post bellica, è finalizzato a descrivere il desiderio di creare un paese diverso, ma per poi scoprire che è purtroppo uguale a tanti altri: infatti Arlecchino è un reduce che torna in Italia e crede che il suo paese sia ora davvero diventato democratico e popolare, invece diviene vittima di nuovi e terribili “padroni”, come la mafia e la corruzione di potenti e politici. Il testo goldoniano è stato totalmente riscritto, dato che cambiano il linguaggio, le motivazioni e per la nostra compagnia è un onore essere diretti da Boso che ha scritto anche la drammaturgia.»
Nello spettacolo, come nella Commedia dell’Arte, viene utilizzato anche il dialetto, ma sottolinea Anzalone: «sul dialetto sussiste spesso un fraintendimento di base, anche Eduardo de Filippo faceva teatro dialettale; infatti il dialetto è una lingua che, oltre ad essere  musicale, deriva direttamente dalla radice del popolo, ma il problema  è che spesso viene usato per contenuti solo comici e di poco conto o viene  relegato nel mondo dilettantistico e folcloristico; la nostra compagnia, con il Centro Teatrale Centro Teatrale Senigalliese, invece è  nata proprio come impresa culturale per tenere in vita il teatro popolare ma non folcloristico e vedendo il nostro spettacolo al San Babila ve ne renderete conto.» Ar.C.